L‘identità di genere è un concetto relativamente nuovo e, in breve, descrive l’identità che ciascuna persona possiede di sé stessa anche in rapporto all’ecosistema che la circonda.
Il concetto classico di identità è strettamente legato al sesso biologico dell’individuo. L’appartenenza al genere maschile o femminile, secondo la concezione classica, dipende esclusivamente dai caratteri sessuali primari. Dai genitali, in altre parole, si desume classicamente l’appartenenza al genere maschile o femminile.
Questa classificazione pone forzatamente l’individuo all’interno di un costrutto che ha una immodificabile identità binaria. La presenza di un sistema binario (maschio e femmina) non tiene conto di un aspetto fondamentale per il benessere psicologico dell’individuo: la percezione della propria identità. È il caso di persone biologicamente appartenenti alla categoria dei maschi che, nella loro visione intima, si considerano femmine o viceversa e anche di persone che non accettano nessun genere specifico ritenendosi svincolate da qualsiasi classificazione.
Sotto la luce del benessere psicologico il riconoscimento, soprattutto sociale, della propria identità è uno tra i fattori che promuovono la salute dell’individuo e la propria determinazione nello spazio collettivo e personale.
È sicuramente vero che l’appartenenza a un genere diverso dal canonico genere binario è stato un “problema” nel passato poiché gli aspetti socioculturali, di fatto, limitavano l’espansione verso altri tipi di appartenenza. Allo stesso tempo, è vero che il timone che deve direzionare il progresso sociale e comunitario deve essere quello della promozione di qualsiasi aspetto sociale unito all’abbattimento di qualsiasi tipo di muro che possa essere eretto in base a convinzioni stereotipate derivanti da osservazioni su preferenze personali, politiche e sessuali.
La definizione di identità di genere, rappresenta un traguardo culturale per la moderna società.
Le differenze tra il sesso, l’identità di genere e l’orientamento sessuale
Sesso, identità e orientamento sono spesso utilizzati come sinonimi anche se descrivono aspetti totalmente diversi.
Le identità di genere possono divergere dal sesso, inteso come sistema biologico che classifica le persone e possono perfino divergere dalle preferenze e dall’orientamento sessuale. Esistono persone di sesso biologico maschile che si identificano in un genere femminile le cui preferenze sessuali sono orientate verso i maschi. Il capo delle preferenze sessuali, a sua volta, è molto articolato e permette la genesi di numerose variabili di scelta sessuale del partner. O di non scelta, in alcuni casi.
Sesso | Identità di genere | Orientamento sessuale |
Complesso sistema biologico che classifica, in base a informazioni morfoanatomiche e genetiche un individuo. | La percezione che l’indivudo possiede di sé stesso in termini di appartenenza o non appartenenza a uno specifico genere. | Preferenze di natura sessuale di vasta complessità dettate da scelte personali. |
È senza dubbio vero che da un punto di vista statistico la maggior parte delle associazioni combacia tra identità percepita e identità biologica ma è anche vero che, nel rispetto massimo di ciascun individuo, è compito della società tutelare il benessere di ciascuno, specialmente psicologico, indipendentemente dalla percezione di sé e del rapporto con gli altri.
Avanzamento culturale
L’identità di genere non è semplicemente una “teoria gender” ma è un complesso e intimo percorso che ciascuna persona affronta durante la propria vita. Certo, gli individui sono entità che si muovono all’interno della società. Il compito stesso della società, tuttavia, è quello di promuovere la libertà personale e – senza dubbio alcuno – la libertà sessuale e di preferenza di genere rientra tra questi doveri sociali.
La società che non accetta o che ostacola qualsiasi preferenza personale è, di fatto, una società che è ancorata a un retaggio culturale arcaico.
Giustificazioni della necessità di genere
La difesa del genere si basa su concetti che alterano la Scienza e la Biologia. In particolare, la prima mossa operata sulla scacchiera del dibattito scientifico è quasi sempre la seguente: la natura prevede che, per procreare, ci sia un maschio e una femmina.
Questa affermazione possiede una pericolosità latente. Di fatto classifica gli individui in base alla loro capacità di procreare e rende innaturale chi, biologicamente, non può farlo. Estendendo il concetto appare immediatamente vero che chi non può avere figli, perché magari è sterile, sia una persona fuori dalla natura. Ancora: chi decide di non avere figli, per qualsiasi ragione, è altrettanto innaturale? La menopausa, forzando questo concetto, dovrebbe essere un evento che snatura la donna? Ovviamente, nessuna tra queste domande può essere accettata in un contesto sociale.
Anche in questo caso, il compito della società non è quello di creare degli schemi e delle autorizzazioni che si basano su una mera preferenza. Al contrario, questi muri devono essere abbattuti.
La biologia dell’identità di genere
È vero: in passato, secondo una concezione psichiatrica, le alterazioni dell’identità binaria erano classificate come disturbi. La disforia era trattata come un disturbo, se non una malattia, di tipo mentale. È anche vero che queste considerazioni si basavano esclusivamente sull’osservazione binaria dei tratti somatici dell’individuo: i maschi possiedono il pene mentre le femmine la vagina.
Da un punto di vista biologico il discorso è molto più complesso. Il genere non è definibile tramite l’osservazione dei genitali ma è il risultato di un complesso sistema biologico che agisce sia sul fisico sia sul complesso metabolismo. Ormoni, recettori e sistemi di segnalazione – a loro volta – modulano diverse aree del cervello.
Una questione minoritaria?
È vero: da un punto di vista strettamente scientifico, l’identità di genere è un aspetto che riguarda un numero sconosciuto di individui ma verosimilmente dal piccolo peso statistico. Potrebbe sembrare logico pensare di “lasciare da parte” questo aspetto al fine di avere più concentrazione su altri fronti. Eppure non è così.
La società sta progredendo su moltissimi fronti. Basti pensare all’esiguo tempo di scoperta delle varianti dei Coronavirus a interesse pandemico se confrontato agli anni necessari soltanto pochi decenni fa. Lo spazio dedicato a questioni apparentemente “inutili” è, invece, utile perfino sul lungo termine. La capacità di migliorarsi e di avere un tessuto sociale ricco e diverso è sempre fonte di ricchezza. Sia per l’individuo sia per la società che lo ospita.
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