Vaccino HIV e vaccino COVID

by | Dic 31, 2020 | Covid, Salute | 0 comments

Il vaccino anti-Covid è pronto ed è in fase di distribuzione. A pensarci bene, dalla comunicazione che suggeriva una diffusione di un nuovo ceppo virale alla produzione in massa del vaccino è passato poco meno di un anno. Un traguardo Scientifico che non ha eguali.

A questo punto, sorge un dubbio: “E i vaccini per altre malattie?”. La domanda è assolutamente legittima e merita di essere approfondita. In particolare, è comune associare la velocità di sviluppo del vaccino Anti-CoVid con il mancato sviluppo del vaccino anti-HIV.

È un sentimento comune, ed è assolutamente legittimo comparare le due cose. Dal punto di vista scientifico, in realtà, come stanno le cose? È corretta questa valutazione? In realtà no, non è utile mettere sullo stesso piano lo sviluppo dei due vaccini. La risposta è articolata e riguarda il metodo attraverso il quale i due virus si replicano e “evolvono”.

La storia di HIV

La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) è stata una malattia per tanto tempo confusa con altre patologie aventi una sintomatologia sovrapponibile. Sarcoma di Kaposi, leucemia, alterazioni del sistema immunitario furono tra le tante malattie confuse con l’infezione da HIV. Queste malattie, in effetti, avevano un quadro di sintomi del tutto simile che poteva disorientare perfino l’osservatore più esperto.

Agli inizi degli anni ’80 iniziò a circolare una diversa ipotesi. Fu ritenuto plausibile che queste malattie avessero un’origine ben definita e, probabilmente, fossero tutte di natura virale. La collocazione precisa del paziente zero (cioè il primo caso accertato di HIV) è tuttora oggetto di discussione Scientifica ma è utile per definire una data. Gli anni ’80, appunto.

Se è vero che la lotta “morale” contro l’HIV fu abbastanza veloce (grazie alle campagne di sensibilizzazione e alla promozione di una corretta igiene sessuale) è anche vero che i tentativi “strumentali” di curare i pazienti affetti da HIV furono infruttuosi per molti decenni. Anzi, fu un disastro. Chi si ammalava di AIDS aveva una speranza di vita molto bassa. In parte questo era spiegato dal fatto che i progressi scientifici seguivano la tecnologia acerba e da essa erano rallentati.

La ricerca, tuttavia, non si fermava. Anno dopo anno si scoprì come questo virus era capace di eludere le difese immunitarie, come integrava il proprio RNA all’interno del DNA cellulare e si cercò di limitare, grazie ai farmaci, la progressione virale. Tuttavia ci volle molto tempo per rendere stabili i pazienti affetti da HIV. E, come sappiamo, il tempo è uno degli elementi chiave per il progresso scientifico.

Il sequenziamento completo del genoma di HIV fu reso possibile soltanto nel 2019! Circa trent’anni dopo rispetto alla comparsa e all’isolamento del virus.

Quindi, per quanto riguarda l’HIV c’è sicuramente un ritardo Scientifico ma, in realtà, l’attuale mancanza del vaccino dipende in larghissima misura da una peculiarità di HIV: è instabile.

Genoma e mutazioni

Le fasi di replicazione di HIV sono molto turbolente. Il meccanismo di riproduzione del virus è, infatti, articolato in molti step. In uno di questi, chiamato retrotrascrizione, il virus è capace di alterare in modo assolutamente casuale il proprio genoma. Qualsiasi variazione dell’informazione genetica ha un effetto di tipo binario e immediato: o il virus è incapace di infettare/riprodursi o rimane biologicamente attivo, sebbene in forma mutata.

Ed è proprio la quantità e la casualità di mutazioni che impedisce lo sviluppo di un vaccino. Almeno secondo la strategia già adottata per il Sars-Covid-2. I Coronavirus hanno tassi di mutazione enormemente inferiori se paragonati a HIV e le stesse alterazioni sembrerebbero non interessare le strutture antigeniche, cioè le parti del virus che possono essere riconosciute dal sistema immunitario.

Lo sviluppo di un vaccino deve avere una solida base: la coerenza del genoma. Piccole variazioni, biologicamente ammissibili, non alterano la qualità del vaccino, intesa come la capacità di sviluppare una immunità consistente. Le mutazioni del genoma di HIV, invece, è come se rendessero il virus “novello” a ogni replicazione. E di fatto non adatto allo sviluppo di un vaccino.

Almeno per il momento.

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