Il bias cognitivo: prima parte

by | Mar 20, 2021 | Bufale, Società | 0 comments

Il bias cognitivo rappresenta l’alterazione della realtà che segue un meccanismo di distorsione della percezione dovuto a pregiudizi oppure a incapacità di elaborare le informazioni in modo coerente. Esistono diverse classi di bias che riguardano aspetti specifici inerenti al mondo complesso della captazione e dell’elaborazione delle informazioni.

Alla base dei bias cognitivi vi sono, nella maggior parte dei casi, delle resistenze alla corretta interpretazione delle informazioni. Una resistenza distorce il flusso di informazioni e lo rende diverso da ciò che è nella realtà.

Resistenze nella formazione del bias cognitivo.

Le resistenze, a loro volta, possono essere di diversa natura. In alcuni soggetti esistono degli elementi capaci di deviare il flusso della comprensione le cui origini sono radicate in convinzioni irrazionali: credenze popolari o superstizioni rappresentano degli ottimi esempi. Altri elementi possono porre in essere delle resistenze a causa di deficit cognitivi, ad esempio legati a malformazioni della neocorteccia o – genericamente – del sistema nervoso centrale.

L’esperienza individuale può essere un elemento di deviazione giacché pone in essere delle resistenze agli eventi che riguardano episodi, statisticamente, non rilevanti della propria esperienza passata.

Cosa sono i bias cognitivi e qual è la definizione?

La definizione di bias cognitivo può essere riassunta in questa frase:

“Un bias cognitivo è una sistematica incapacità di correlare dati di diversa estrazione che genera una risposta anomala nei pensieri e nelle azioni”

Alterazione statistica nel bias cognitivo

Il bias cognitivo ha un bersaglio principale: la correlazione di due o più eventi. I soggetti che estendono un bias, infatti, tendono a correlare elementi totalmente indipendenti tra loro come se fossero concausali o mutuamente esclusivi.

Lo scenario tipico è quello di un fenomeno che è mutuamente associato a una azione compiuta in precedenza quando la stessa azione, razionalmente, non ha alcuna attinenza di genesi con l’effetto. Le azioni, in altre parole, seguono linee temporali assolutamente distinte.

Le alterazioni che riguardano gli aspetti statistici sono evidenti quando il bias genera delle forzature razionali. Un esempio è associare una malattia a un comportamento. La totalità delle credenze popolari è inglobata nei bias.

Apofenia

L’apofenia è uno tra i bias più comuni. Il termine identifica la capacità di rilevare pattern inesistenti all’interno di uno o più insiemi di dati indipendentemente dalla loro complessità. Nell’esperienza comune, la maggior parte delle bufale ha un carattere apofenico. Esse si basano su osservazioni forzate di eventi indipendenti tra loro: il classico esempio è quello della correlazione vaccino-autismo.

Vaccino e autismo: il perfetto modello del bias cognitivo

La correlazione tra vaccino e autismo non è mai stata provata scientificamente ma, ad oggi, rappresenta uno tra i migliori modelli per illustrare il bias cognitivo.

In questa correlazione, smentita sotto qualsiasi forma, il vaccino rappresenta la causa scatenante dei disturbi dello spettro autistico. Coloro che credono in questa bufala correlano l’insorgenza temporale della comparsa dei primi sintomi al vaccino, fornendo un tipo di analisi retroattiva. In realtà, questa correlazione è forzata, fuorviante e pretestuosa. Ragionare sulla correlazione “prima il vaccino poi il disturbo” è infruttuoso poiché questo ragionamento potrebbe essere esteso a tantissimi altri eventi tra i quali “prima il latte materno e poi l’autismo“, “prima lo svezzamento e poi l’autismo“, “prima un viaggio e poi l’autismo“.

Qualsiasi evento può essere forzatamente correlato ad altri eventi.

Ancoraggio

L’ancoraggio è un tipo di bias cognitivo nel quale l’individuo cerca di validare la propria convinzione attraverso la selezione dei dati e delle informazioni. Anche in questo tipo di bias può venire in aiuto il modello vaccinazione-autismo poiché i soggetti tenderanno a considerare “vere” soltanto informazioni che convalidano la propria tesi. Anche a costo di reperirle da fonti palesemente inaffidabili.

Il bias dell’ancoraggio porta alla formazione di centri di nucleazione che hanno una caratteristica: forniscono verticalmente le informazioni “richieste” dalle persone che necessitano di ancorarsi alle nozioni utili alla causa. In questo tipo di approccio si instaura un vero e proprio sistema che facilita la fruizione di contenuti artificiosamente alterati.

Bias dell’esperienza diretta

Questo bias condiziona in modo granitico le resistenze poiché introduce una o più esperienze personali in un contesto più amplio. L’esperienza diretta, per quanto possa ovviamente influenzare la propria vita, è – nella maggior parte dei casi – statisticamente poco rilevante. Un singolo caso può essere l’azione di una deviazione irrilevante dal punto di vista statistico.

Nel contesto del vaccino-autismo la conoscenza diretta di un “caso in famiglia di comparsa dei sintomi” è onnipresente. Questo argomento è utilizzato come leva di forza che aumenta la portata del bias.

Il bias amplifica un concetto relativamente semplice che può essere sintetizzato in questa frase: “Puoi controbattere qualcosa di astratto ma non puoi contraddire ciò che è accaduto a me!”.

Bias retrospettivo

Questo tipo di bias è molto comune e riguarda il modo attraverso il quale in cervello è capace di decidere e ricordare le scelte. Ogni giorno il cervello fa delle valutazioni dalle quali derivano delle scelte. Alcune riguardano la risoluzione di un dubbio e rimangono aperte nella memoria. Dalla scelta possono derivare degli elementi che rafforzano il dubbio oppure la conferma di aver fatto la cosa giusta.

Il cervello tende a ricordare questo tipo di scelte introducendo di fatto un bias di conferma.

I bias retrospettivi aumentano la portata della resistenza alterando le informazioni che arrivano dall’esterno. In genere, i bias retrospettivi aumentano la sottostima di un evento rispetto a un altro. Un esempio classico può essere l’assunzione di un elemento la cui efficacia è discussa per la cura di un malanno, ad esempio l’influenza. L’assunzione di un elemento non mirato (diverso dai comuni principi attivi antipiretici e/o analgesici) può essere ricordata dal cervello come qualcosa che è servita per guarire dalla febbre che, in realtà, nella maggior parte dei casi rappresenta un episodio autolimitante.

Il bias retrospettivo pone in essere che quell’elemento assunto serva universalmente come cura per l’influenza.

Effetti dei bias sulla società

I bias cognitivi possono avere degli effetti sul tessuto sociale poiché hanno una caratteristica: al pari di altre entità biologiche possono espandersi tra gli individui. Il primo e tangibile effetto che deriva dall’infiltrazione dei bias nel pensiero comune è quello dell’aumento – esponenziale – delle paure. La paura rappresenta un sentimento assolutamente nobile, che nei secoli ha protetto l’evoluzione umana e animale.

La trama delle paure post-moderne, invece, è costituita dalle bufale e dalle fake-news. Da questo enorme pozzo avvelenato possono bere l’acqua tantissime persone. I risultati li conosciamo già: movimenti negazionisti che, sulla scorta di frodi scientifiche, pongono in essere dei veri e propri pericoli contro la salute comune.

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