Il bias cognitivo: genesi del pensiero antiscientifico

by | Mar 27, 2021 | Bufale, Salute, Società | 0 comments

Il bias cognitivo è il carburante che alimenta il pensiero antiscientifico attraverso il quale vengono espresse e formulate teorie del tutto inesatte dal punto di vista scientifico e sociale. Questa considerazione è valida poiché la Scienza e – di riflesso – il pensiero scientifico utilizzano in larga misura i numeri e le correlazioni che, tra essi, si instaurano. Quando intervengono, dall’esterno, alcuni sistemi che alterano il flusso di comprensione e di associazione dei dati a disposizione, allora salta la comprensione e l’associazione logica. E la Scienza è fatta anche di logica.

A questo punto è lecito chiedersi quale logica sia corretta: quella scientifica o quella antiscientifica. Ambedue i metodi traggono delle conclusioni che possono sembrare verosimili tra loro. E lo fanno analizzando i medesimi dati. L’esempio tipico è l’intervento chirurgico che migliora la condizione del paziente nel 99,9% dei casi ma può ucciderlo nel restante 0.1%. Questo tipo di osservazione, di per sé, sembra – immediatamente – suggerire la strada verso l’intervento ma, nella realtà, rappresenta un bias. Il cervello tende a trovare la soluzione più semplice e lo fa anche in questo caso isolando e correlando soltanto due dati (mortalità e tasso di successo) escludendo molti dei parametri necessari tra i quali l’effettiva necessità dell’intervento.

Complessità intrinseca del pensiero scientifico

La scienza è un insieme molto complesso di deduzioni e di calcoli che vivono all’interno di valori e variabili. Queste astrazioni, spesso, allontanano coloro che necessitano di avere informazioni semplici e comprensibili. Da un lato, ad assolvere questo compito, ci pensano i divulgatori scientifici ma, dall’altro lato, ci sarà sempre chi metterà in dubbio le tesi contrapponendo tesi improponibili dal punto di vista scientifico ma efficaci per la semplicità logica con la quale sono esposte.

Formazione del pensiero scientifico: gli elementi si congregano a formare un unico e solido blocco.
Il pensiero scientifico si forma dalla coesione analitica di più blocchi. Ciascuno di essi rappresenta una parte del complesso sistema di analisi, osservazione e sperimentazione.

Esempi di pensiero antiscientifico: l’esistenza del virus HIV

La maggior parte del pensiero antiscientifico tende a semplificare i concetti. Anche in matematica è noto che il miglior modo per semplificare una complessa equazione è quello di eliminare alcune parti. La negazione scientifica tocca molti aspetti che, spesso, sfociano nei cosiddetti complotti o bufale e molti di essi tendono a negare. Il caso più eclatante è rappresentato dalla negazione dell’esistenza del virus dell’HIV.

Le motivazioni che tendono a negare la presenza del virus oppure la correlazione tra HIV e AIDS sono molte. Alcune sono davvero risibile e, tra queste, rientra senza dubbio la contestazione secondo la quale “il virus dell’HIV non è stato mai visto o isolato”. Inutile dire che il virus è ben studiato sia in analisi molecolari sia tramite microscopio elettronico. Negare una elemento di un costrutto vuol dire semplificarlo in modo tale da renderlo maggiormente utilizzabile dai sistemi cognitivi del cervello.

Processo di semplificazione e genesi del pensiero antiscientifico. Un elemento complesso è semplificato e privato di parti importanti.
Processo di semplificazione che porta alla formazione di un costrutto alterato, poiché privato di alcuni elementi fondamentali.

Bias di conferma

Il bias di conferma alimenta il pensiero antiscientifico. Grazie a esso accade che coloro che hanno “dubbi” sulla buonafede scientifica sono in grado di filtrare e di selezionare i pareri che confermano le tesi in questione. Il bias di conferma rappresenta uno dei bias più potenti perché, di fatto, isola dall’esterno il processo di formazione di una opinione solida e coerente.

È frequente osservare che i bias di conferma sono più radicati se provengono da persone, apparentemente, affidabili. Nel campo scientifico una voce di un ricercatore, di un medico o di un biologo può essere eretta a verità assoluta anche qualora l’opinione fosse del tutto traballante. La solidità scientifica è data dalla comunità, dalla ricerca e dal metodo scientifico. Ciascuna opinione, se non supportata da una tesi e da uno sviluppo sperimentale, rimane soltanto un parere. Anche se chi la esprime possiede i cosiddetti “titoli”. È curioso osservare che questo tipo di voci sono sempre enfatizzate dal titolo (ad esempio dottore, professore o – genericamente – scienziato) associato a chi le pronuncia. Questo rafforzativo ha lo scopo diretto di infondere fiducia nel “consumatore” del bias di conferma.

Il ruolo della divulgazione scientifica nel colmare il gap

La divulgazione scientifica ha un ruolo predominante nel cercare di colmare e contenere il gap creato dal pensiero antiscientifico. L’approccio classico, in alcuni casi, non funziona poiché può rappresentare un vero e proprio metodo per distaccare ancora di più chi è critico nei confronti del pensiero scientifico. Alcuni psicologi sostengono che bisognerebbe promuovere la critica, sotto qualsiasi luce, già dall’inizio del periodo di scolarizzazione. In questo modo, gli adulti, saranno meno in ostaggio di chi, anche per professione, avvelena i pozzi della scienza.

La coesione formativa, tra le altre cose, impedirebbe la propagazione delle bufale e della disinformazione scientifica poiché avrebbe meno “peer” sui quali appoggiarsi. L’esercito della propaganda antiscientifica avrebbe meno terreno sul quale muoversi e, di conseguenza, la capacità critica sarebbe migliore.

Impatto sulla società

L’impatto che ha il pensiero antiscientifico sulla comunità è senza dubbio devastante. La pericolosità della confutazione delle tesi scientifiche è tale da far regredire l’intero sistema sociale, sanitario e perfino economico di diversi decenni. Ad esempio, la confutazione di un sistema organizzato – utile alla società – porta all’indebolimento del sistema stesso. Pensiamo ad esempio alla recente crisi pandemica: la negazione degli effetti del SARS-CoV-2 ha portato alla perdita del controllo dei focolai. L’inosservanza delle norme igieniche ha permesso al virus di circolare liberamente aumentandone di fatto l’estensione geografica.

L’antiscienza non ha soltanto un effetto diretto sulla salute e, in genere, sugli aspetti biologici della società. La negazione di uno stato di Diritto porta all’indebolimento del tessuto sociale e politico poiché mina alle fondamenta della democrazia.

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